Prova a immaginare di dover dare la definizione della parola padre.
Probabilmente, la cosa più ovvia a cui penserai, sarà che essere padre significhi avere un figlio. E, su questa premessa, possiamo tutti concordare. Nella vita quotidiana sono immagini concettualmente e semanticamente collegate.
Si è sempre papà di qualcuno.
Tre sono i fili invisibili che uniscono i padri con i figli: genesi, protezione e cura.
Un padre è qualcuno che ha generato una vita e che si impegna a proteggerla, sostenerla fino a vederla diventare abbastanza forte da sapersi sostenere e proteggere da sola.
L’uomo, nella sua immensa capacità di pensare fuori dagli schemi e di adattarsi alle sfide che il tempo gli chiede di fronteggiare, ha contribuito all’evoluzione dell’immagine di padre.
Sono la protezione e la cura, ancor prima della genesi, a definire la paternità.
Sulla figura paterna si è molto scritto, soprattutto negli ultimi anni, riscoprendo l’importanza del contributo affettivo all’interno del sistema familiare.
Come terapeuti sentiamo spesso i racconti di figli “orfani” di padri ancora in vita e le storie di amorevoli cure di padri adottivi o patrigni. Padre è chi alleva un figlio, indipendentemente dalla genesi.
Recentemente in terapia un uomo mi ha manifestato la sua paura per la paternità imminente (la compagna è incinta) e la difficoltà ad immaginarsi in questo ruolo nuovo.
“Ho paura perché non so che padre sarò!”
Come potevamo parlare di un’esperienza che non conosceva? La paternità, a quel punto della sua vita, non era un’opzione, ma già una realtà.
Questo articolo nasce da una considerazione come terapeuta e dalla mia esperienza di padre, ed è rivolto principalmente, a chi padre non lo è.
Un modo per riuscire a proiettarsi in questa nuova veste, per intuire che padre abbiamo dentro, esiste.
Ho appena scritto che il legame fra padre e figlio si riassume in tre momenti: genesi, protezione, cura. Partendo da questo presupposto fai un lavoro di fantasia e sostituisci alla parola “figlio” la parola “idea”.
Ognuno di noi crea delle idee, le mette al mondo quasi quotidianamente. Come ti comporti con le tue?
Puoi difenderle strenuamente con la convinzione che siano meglio di quelle degli altri.
Puoi idealizzarle e lasciare che vivano solo nella dimensione della tua fantasia.
O, ancora, puoi accantonarle alla prima difficoltà.
Oppure, provare a realizzarle per poi renderti conto che, per farlo, dovresti sacrificare qualcosa e fare qualche rinuncia.
Un’idea è un tuo figlio. Sei tu che l’hai creata. Prenditene cura, proteggila, aiutala a crescere e a diventare concreta.
Ti auguro di essere presente quando sarà facile, quando ti sembrerà inutile e anche quando ci saranno degli intoppi, perchè lo sarai anche alla fine, quando sarai orgoglioso del risultato, anche se non sarà esattamente come lo avevi immaginato.
Non è forse questo che fa un padre?